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Amenorrea nelle danzatrici: Cause, Conseguenze ed Intervento terapeutico

L’apparato riproduttore femminile è fortemente sensibile a stress fisiologici, infatti un’elevata percentuale di donne che praticano un’intensa attività fisica che enfatizza e richiede un basso peso corporeo (come la danza), è soggetta ad anomalie a livello di questo apparato, quali ritardo del menarca, oligomenorrea e amenorrea primaria e secondaria.

In questo articolo viene analizzato il concetto di amenorrea, come problematica piuttosto comune tra le danzatrici, e il ruolo di una corretta alimentazione nel contrastare tale problematica.

Che cos’è l’amenorrea?

Per amenorrea si intende la totale cessazione della funzione mestruale per un periodo superiore a 3-6 mesi.

Nella donna esistono periodi della vita in cui è normale e fisiologica l’assenza del ciclo mestruale (come durante l’infanzia, la gravidanza, nel periodo dell’allattamento ed in menopausa), mentre risulta preoccupante la sua assenza, temporanea o permanente, in tutto il resto del periodo fertile.

Questa disfunzione può essere distinta in amenorrea primaria e secondaria.

Si parla di amenorrea primaria riferendoci alla totale assenza del menarca o ad un peculiare ritardo dell’arrivo della prima mestruazione, in genere prima dei sedici anni di età.

Invece viene definita amenorrea secondaria (o ipotalamica) una condizione della vita della donna in cui, in seguito al menarca e ad una serie di cicli mestruali successivi e regolari, la funzione mestruale viene ad essere interrotta.

Questa particolare condizione rientra in una serie di problematiche cliniche comuni tra le donne che praticano discipline sportive ad alto livello, come, per l’appunto, la danza, la ginnastica, la corsa e l’atletica: si tratta della triade femminile nell’atleta, definita dall’American College of Sports Medicine come un complesso insieme di interazione tra le tre punte di un triangolo occupate rispettivamente da disponibilità energetica, stato mestruale e densità mineraria ossea, ognuna delle quali si presenta lungo un continuum tra la salute e la patologia.

La definizione di questa sindrome venne utilizzata per la prima volta nel 1992 con lo scopo di tracciare una connessione tra i tre stati clinici (deficit energetico, amenorrea ed osteoporosi), presenti in maniera fin troppo frequente nell’ambiente sportivo femminile.

Cause dell’amenorrea nelle danzatrici

Eventi di tale portata tendono a verificarsi tra le donne per diversi motivi, che spesso riguardano richieste proprie della disciplina sportiva praticata, come ad esempio la necessità di una figura corporea magra e longilinea nella pratica di sport cosiddetti “estetici”.

Tali motivazioni spingono la danzatrice professionista e la danzatrice in età evolutiva ad assumere un atteggiamento restrittivo e conflittuale nei confronti del cibo e, al contrario, estremamente esigente e spesso forzato nei confronti della ricerca di una perfezione estetica e motoria.

La causa primaria di amenorrea ipotalamica viene individuata all’interno di un quadro di elevato stress psicofisico dettato in primis dall’intenso esercizio fisico in cui la danzatrice da un lato trova il motivo per poter migliorare tecnicamente e qualitativamente il proprio movimento, dall’altro lato invece se ne serve per mantenere la propria forma fisica all’interno degli standard richiesti dalla disciplina stessa.

Questa condizione è spesso accompagnata da una seria malnutrizione per difetto: mi riferisco a diete altamente restrittive che molte danzatrici adottano all’unico scopo di non avere un incremento in peso. Se si pensa alla danza classica intesa come attività occupazionale e professionale, si fa riferimento alla figura del ballerino che si esercita e/o si esibisce mediamente sei giorni su sette, danzando in condizioni di forte stress psicologico, trascurando spesso il dolore fisico e rischiando costantemente infortuni che mettono a rischio l’intera carriera. Tutto ciò risulta avere un maggiore aggravante se, nello specifico, si prende in considerazione la figura della ballerina, il cui ideale estetico è associato ad un basso peso corporeo (dal 6 al 12% in meno rispetto al peso ideale), un aspetto androgino, altamente flessibile e longilineo (identificato in corpi femminili infantili o adulti ma con un ritardo del menarca), che assicuri un movimento leggero ed aggraziato. Come diretta conseguenza di ciò, nei ballerini, ma soprattutto nelle ballerine, accresce il rischio di sviluppare disturbi del comportamento alimentare (DCA) durante la propria carriera: molteplici studi effettuati su diversi gruppi di danzatrici professioniste hanno dimostrato che queste tendono ad essere maggiormente colpite da disturbi associati all’alimentazione più di qualsiasi altra persona all’interno della popolazione generale, e che tra le problematiche più comuni rientrano l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa.

Si ritiene che un ruolo fondamentale nella patogenesi dei DCA sia svolto dal disturbo da dismorfismo corporeo (BDD), molto frequente durante il corso della vita del ballerino e definito come una parziale o totale distorsione della propria immagine corporea: lo studioso Slade definisce l’immagine corporea come “la figura che immaginiamo di taglia, dimensioni e forma del nostro corpo ed i nostri sentimenti relativi ad esso”, perciò l’atteggiamento che si ha nei suoi confronti è un concetto multifattoriale che include il profilo cognitivo, emotivo e comportamentale.

È quindi confermato che i DCA sono condizioni dettate prettamente dalla sfera psichica di un soggetto il quale, coinvolto in un ambiente competitivo in cui emergono forti preoccupazioni per la corretta riuscita di un’esibizione e focalizzato sul raggiungimento della perfezione fisica, tende ad eliminare dalle proprie abitudini quotidiane tutto ciò che gli sembri avere un ruolo di ulteriore ostacolo nel raggiungimento del proprio scopo.

Tali disturbi sono soliti nascere nel momento in cui il danzatore intraprende una carriera professionale oppure, nel caso delle ragazze, nel momento in cui si manifesta il menarca (in genere tra i 10 e i 16 anni di età): pur essendo un importante indicatore di salute, questa fase della vita della donna può portare con sé diversi cambiamenti corporei (accrescimento e maturazione delle ghiandole mammarie, aumento in altezza, arrotondamento dei fianchi e incremento della percentuale del grasso corporeo) che fanno sì che la bambina assuma gradualmente l’aspetto di donna, ma che spesso non soddisfano gli standard richiesti da alcune scuole e compagnie di danza.

Così la danzatrice inizia ad assumere comportamenti selettivi nei confronti della propria dieta, riflettendo nel cibo tutte le proprie insicurezze fisiche che nella maggior parte dei casi dipendono da fattori genetici e/o connessi alla pubertà.

Studi condotti su gruppi di studenti di danza e danzatori professionisti hanno riportato una grande varietà di DCA (tra il 13 e il 25% degli studenti di danza, per il 50% nei danzatori professionisti), associati alla ricerca di adattamento ad un ambiente che valorizza e richiede un certo tipo di forma fisica, e tra questi citiamo: fasting (digiuno), vomito volontario e abuso di lassativi.

Tra i metodi più utilizzati dalle danzatrici per controllare il peso corporeo rientrano comportamenti in grado di stimolare la termogenesi (processo metabolico attraverso il quale viene stimolata la produzione di calore da parte dell’organismo, favorendo un dispendio energetico): il fumo di sigaretta è uno di questi e consente alle danzatrici di essere più consapevoli del proprio peso incrementando il metabolismo basale, cioè le calorie bruciate a riposo.

Nonostante i danzatori abbiano molta cura della propria forma fisica, non è raro che essi cadano vittime di un comportamento alimentare del tutto scorretto per la propria salute. Studi recenti dimostrano che una discreta percentuale di danzatori riferisce di bere alcool in maniera incontrollata (si parla di un DCA definito binge drinking) almeno una volta al mese: l’alcool apporta una quantità di energia molto elevata (7 kcal/g) e per questo motivo un suo consumo elevato tende a “saziare” l’individuo che non percepirà la sensazione di fame ed il bisogno di introdurre ulteriori alimenti, mentre un consumo abituale può indurre a stimolare la fame a breve termine. Tuttavia si tratta di un alimento estraneo al nostro organismo, che, una volta introdotto, viene metabolizzato a livello epatico e, se in eccesso, trasformato in acidi grassi che si depositeranno a livello del tessuto adiposo.

Perciò, pur essendo i danzatori fortemente attenti al mantenimento di una dieta priva di eccessi, non risulta difficile riscontrare danzatori che adottino l’elevato consumo di alcool come strategia comune per far fronte allo stress lavorativo, alla fatica dell’esercizio fisico intenso e, molto spesso, ai dolori muscolari: a proposito di questo ultimo aspetto, è stato visto che molti abbinano il consumo di alcolici all’autosomministrazione di analgesici, combinazione alquanto rischiosa, dal punto di vista gastrointestinale ma non solo, e di cui ogni danzatore dovrebbe essere informato.

Anche l’alcool, quindi, insieme ad altri fattori sopra citati, risulta un fattore di rischio per l’insorgenza dell’amenorrea nelle danzatrici affette da DCA.

Chiaramente fenomeni di disfunzione mestruale nelle danzatrici possono anche essere connessi a fattori genetici oppure a malfunzionamento degli organi coinvolti nel ciclo mestruale, legato a patologie specifiche: molte ragazze possono avere un ritardo del menarca o semplicemente cicli ovarici irregolari, proprio come le loro madri.

Quali sono le conseguenze?

L’apparato riproduttore femminile è fortemente sensibile a stress fisiologici, infatti dal 6 al 79% delle donne che praticano sport che richiedono ed enfatizzano un basso peso corporeo (come la danza, la ginnastica, il pattinaggio e la corsa), sono soggette ad anomalie a livello di questo apparato, quali ritardo del menarca, oligomenorrea e amenorrea primaria e secondaria.

La somma di esercizio fisico intenso e dieta ipocalorica comporta nella donna un dispendio energetico che supera l’apporto di energia introdotto con l’alimentazione e questo sembra essere un fattore altamente determinante per la “rottura” dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi: in particolare, questo stile di vita bloccherà a livello ipotalamico la secrezione pulsatile dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) che, a sua volta, impedirà la secrezione dell’ormone luteinizzante (LH) e dell’ormone follicolo-stimolante (FSH) a livello ipofisario, limitando, di conseguenza, la produzione degli ormoni sessuali (estradiolo e progesterone) e la stimolazione dell’ovulazione.

Una fase follicolare prolungata o l’assenza di un picco di LH o di estradiolo, si tradurrà nella sospensione intermittente o totale del ciclo mestruale nella donna sportiva.

Alcuni studi suggeriscono che nelle donne prive di mestruazioni si hanno livelli di leptina cronicamente bassi o assenti. Si tratta di un ormone di natura proteica prodotto a livello del tessuto adiposo e che ha il ruolo di controllare il peso corporeo e la massa grassa, riducendo il senso di fame (azione anoressizzante).

La scoperta della leptina ha confermato l’esistenza di una comunicazione diretta tra tessuto adiposo e cervello non solo perché i suoi livelli aumentano dopo il pasto e nelle persone in sovrappeso o obese, mentre si riducono nel digiuno prolungato e in persone sottopeso, ma anche per il fatto che è in grado di regolare la funzionalità del sistema riproduttivo: alcuni recettori di questo ormone sono stati trovati sui neuroni ipotalamici coinvolti nel controllo della sintesi del GnRH, per cui una sua carenza, in caso di restrizione calorica, comporterà una riduzione della secrezione di gonadotropine ipofisarie e quindi una disfunzione mestruale.

Disturbi del comportamento alimentare insieme ad un bilancio energetico negativo sono molto frequenti tra le donne che praticano danza. Esse custodiranno un profilo endocrino e metabolico del tutto sovrapponibile a quello di donne anoressiche con amenorrea, caratterizzato da ipoestrogenismo e riduzione della massa grassa corporea (sotto il 22%).

Il connubio tra fase luteale non adeguata, assenza di ovulazione e amenorrea, rende la danzatrice molto suscettibile a fenomeni di aborto o, più drasticamente, ad una totale infertilità. Tuttavia l’impatto negativo più profondo connesso alla disfunzione riproduttiva è quello che si verifica a livello scheletrico: il mancato raggiungimento di una massa ossea adeguata e l’insufficiente mineralizzazione dell’osso a causa dello stress psicofisico predispongono la danzatrice ipoestrogenica all’osteopenia e all’osteoporosi, aggravando il rischio di scoliosi e fratture ossee.

La ridotta densità ossea costituisce il terzo elemento della triade, strettamente connesso agli altri due elementi: a questo punto è chiaro il collegamento tra l’insorgenza di disturbi alimentari e lo stato di amenorrea, fattore di rischio per l’osteoporosi e l’osteopenia.

In molteplici studi è stato osservata la correlazione tra amenorrea e rischio di fratture o malformazioni ossee, tra le ballerine: la scoliosi, ad esempio, è stata segnalata nel 24% delle ballerine, con valori del tutto più significativi rispetto alla popolazione generale; Warren ha individuato anche una correlazione tra la prevalenza delle fratture da stress e la durata dell’amenorrea.

Prove ulteriori hanno dimostrato come anche un deficit nutrizionale agisca in maniera negativa sulla formazione ossea. Malnutrizione per difetto significa provocare una serie di anomalie metaboliche tra cui un’insufficiente produzione di marcatori nutrizionali quali l’ormone tiroideo T3 ed il fattore di crescita insulino-simile (IGF-1): entrambi sono fondamentali per il mantenimento del trofismo osseo, perciò una loro carenza corrisponderà ad un’inadeguata formazione del tessuto osseo.

La leptina, ormone citato precedentemente a proposito della connessione tra cervello e tessuto adiposo, non manifesta recettori soltanto a livello dell’apparato riproduttore, ma anche in altri siti, come le ossa, in cui risulta fondamentale per la funzione osteoblastica: anche in questo caso, un ridotto BMI, esercizio fisico intenso associato a disturbi alimentari e amenorrea ipoestrogenica (perché gli estrogeni agiscono rallentando il riassorbimento osseo, favorendo un più rallentato turnover osseo e prevenendo la perdita di densità ossea), determineranno un abbassamento dei livelli di leptina compromettendo un corretto accrescimento osseo ed il raggiungimento della normale massa scheletrica.

Un corpo sottoposto a continuo stress fisico, per il grande lavoro che richiede la danza, necessita quindi di un’adeguata alimentazione, ma qualora questa venisse a mancare, ogni organo ne risente e l’intero organismo entra in una situazione di “risparmio energetico” sospendendo molte funzioni fisiologiche quali: produzione di ormoni sessuali (comportando amenorrea ed infertilità), sintesi della massa ossea e muscolare, crescita di unghie e capelli, produzione di calore corporeo (per cui si avrà la continua sensazione di freddo) e tutte quelle funzioni “non vitali” ma che risultano fondamentali per chi, come la danzatrice, necessita di un organismo in buona salute.

Intervento nutrizionale

A considerazione del fatto che l’amenorrea e tutto ciò che ne consegue ha come cause primarie il ridotto peso corporeo, la malnutrizione e lo stress da esercizio fisico, è opportuno la danzatrice con un quadro clinico di questo tipo sia affiancata da uno staff multidisciplinare di specialisti del settore sportivo, medico, psichico e nutrizionale.

Le terapie mediche principalmente utilizzate riguardano la somministrazione di contraccettivi orali per stimolare l’ovulazione: una dose elevata può rallentare la perdita di densità ossea nel lungo periodo di tempo, intervenendo in quadro clinico già diagnosticato, tuttavia non è in grado di prevenirla. Alcuni studiosi fanno riferimento anche alla terapia ormonale sostitutiva (HRT), che è in grado di prevenire la riduzione della massa ossea, tuttavia nelle danzatrici giovani con amenorrea andrebbe somministrata soltanto in seguito al termine della fase di accrescimento osseo.

La consulenza nutrizionale può accompagnare la danzatrice nella ripresa delle funzioni riproduttive, stabilendo un programma alimentare che punti a ricoprire le carenze nutrizionali proprie della condizione clinica amenorreica; in genere viene promossa l’adesione ad una dieta ricca in calcio (1500 mg) e vitamina D (400 mg) al fine di preservare la struttura ossea, ma tale approccio non risulta sufficiente a favorire l’aumento in peso di 1-2 kg che potrebbe, nella maggior parte dei casi, riportare la donna ad una situazione di eumenorrea.

Intervenire con la corretta alimentazione non è così semplice in questo caso, perché si tratta generalmente di “ri-educare” pazienti con storie di disturbi alimentari, con un BMI molto basso, che spesso rientra nel sottopeso, e con una massa grassa spesso sotto alla media (<14%), a mangiare in modo sano ed equilibrato.

Tuttavia, nonostante la danza rientri nella categoria di esercizi fisici intensi che richiedono particolare forza ed energia per essere svolti correttamente, la danzatrice con amenorrea riesce a mantenere una sorta di equilibrio tra l’energia introdotta e quella spesa attraverso un meccanismo di “risparmio energetico”: uno studio recente effettuato su una popolazione di ballerini dell’area di New York City ha rilevato che la spesa energetica a riposo diminuiva per kg di massa magra nelle donne con storia di amenorrea, perciò è stato confermato che le donne con amenorrea consumano meno calorie, a riposo (metabolismo basale). Comunque è necessario sottolineare che, sebbene queste ragazze abbiano la capacità di conservare e trattenere energia, il dispendio energetico di una lezione di danza classica è all’incirca di 200 kcal/h che difficilmente riesce a compensare le calorie introdotte attraverso l’alimentazione.

Per questa serie di motivi è necessario un piano di intervento che migliori il bilancio energetico aumentando la quantità di energia introdotta o riducendo la spesa energetica dovuta all’attività fisica, o entrambi, senza determinare drastici cambiamenti nel peso. Aumentare l’intake calorico giornaliero in maniera graduale, attraverso piccoli cambiamenti dell’alimentazione, può essere il primo approccio e spesso il più semplice, ma non è ancora chiara la sua efficacia o di quanto tempo necessiti la danzatrice prima che vengano ripristinate le sue funzioni mestruali.

La figura del nutrizionista si rivela fondamentale principalmente nel caso in cui sia accertata la presenza di un disturbo del comportamento alimentare, ed esso agirà attraverso una prima valutazione nutrizionale, seguita da una pianificazione dei pasti che si concentri sugli aspetti educativi per aiutare la danzatrice a comprendere la necessità di un buono stato di salute e di una prestazione ottimale.

Affinché venga raggiunto questo obiettivo, sarà necessario il reintegro di tutti i macro- e micronutrienti di cui la danzatrice con amenorrea risulta carente.

I nutrienti che più spesso vengono ridotti sono i carboidrati: tuttavia essi sono tasselli fondamentali della dieta giornaliera, perché in grado di apportare il maggior stimolo metabolico e di favorire il corretto funzionamento degli organi vitali. Va quindi incrementata l’assunzione di carboidrati complessi (come quelli contenuti in pasta, pane, riso, farro, orzo, miglio e patate), evitando di prediligere le versioni integrali in quanto l’apporto in fibra potrebbe scatenare maggiori carenze vitaminiche e minerali.

Per quanto riguarda le proteine, va ricordato quanto esse siano fondamentali per lo stimolo ipotalamico alla produzione di ormoni e per il corretto funzionamento ovarico. Vanno introdotte sia proteine animali (contenute in uova, formaggi, carne bianca e rossa, pesce azzurro, molluschi e crostacei) sia proteine vegetali (come quelle contenute nei legumi): per quanto i legumi vengano classificati tra gli alimenti più salutari e benefici, in questo caso andrebbero consumati sempre in accompagnamento ad un carboidrato e un filo d’olio d’oliva, per evitare che il loro effetto saziante impedisca l’assunzione di tutti gli altri nutrienti che dovremmo introdurre in ciascun pasto.

Infine citiamo i grassi, indispensabili per l’equilibrio endocrino e per il mantenimento di una corretta composizione corporea nella donna: di per sé l’organismo femminile è costituito da una percentuale di grasso maggiore rispetto all’uomo, in quanto nella donna sono presenti riserve lipidiche fondamentali per le funzioni riproduttive; per questo motivo una dieta ipolipidica porta con sé immediate alterazioni del ciclo mestruale.

I grassi da prediligere sono quelli monoinsaturi (come quelli contenuti nell’olio extravergine d’oliva) e polinsaturi (sia omega-3, contenuti nel pesce e nei semi di lino, sia omega-6, presenti nella frutta a guscio come noci, nocciole, mandorle). Tuttavia, anche la corretta porzione di grassi saturi e di colesterolo non è da escludere e quindi l’assunzione di alimenti come uova, gamberetti e burro, non andrebbe demonizzata. Evitare di acquistare prodotti light o con 0% di grassi è il primo passo per un’alimentazione completa ed equilibrata.

Per concludere, va ricordato che per “guarire” da una condizione clinica come l’amenorrea è indispensabile che sia la paziente in primis a riconoscere la gravità della situazione in modo da accettare l’aiuto di un’equipe di professionisti che possano lavorare insieme per ripristinare lo stato di salute.

 

a cura della dr.ssa Greta Genovesi

Redazione SID - Scienza In Danza

®RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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